La Coronarografia è un’indagine diagnostica di tipo invasivo che consente di visualizzare direttamente le arterie coronarie che distribuiscono sangue al muscolo cardiaco. La metodica, che fa parte del cateterismo cardiaco, possiede finalità diagnostiche ed eventuali risvolti terapeutici attraverso la possibilità di effettuare un’angioplastica coronarica. La Task Force on Pratice Guidelines dell’American College of Cardiology/American Heart Association ha pubblicato un rapporto riguardante le indicazioni all’angiografia coronarica che comprendono:
- pazienti con sindromi coronariche acute;
- pazienti rianimati da morte cardiaca improvvisa;
- pazienti con ischemia a bassa soglia post-infartuale, con scompenso cardiaco, con coronaropatia nota o sospetta da sottoporre ad intervento chirurgico, con patologie valvolari in attesa di intervento percutaneo o chirurgico;
- soggetti con angina stabile associata a criteri di elevato rischio agli esami clinico-strumentali non invasivi;
L’esame è in genere eseguito in anestesia locale mediante l’introduzione di un catetere attraverso un accesso arterioso periferico (a livello inguinale nell’arteria femorale, oppure a livello del braccio nell’arteria radiale o brachiale). Il metodo più utilizzato è noto come tecnica di Seldinger. I punti di repere principali sono la spina iliaca anteriore superiore ed il ramo pubico. Il legamento inguinale è teso tra queste due strutture. In questa regione decorrono l’arteria e la vena femorale, il nervo femorale ed il canale linfatico femorale. La piega cutanea inguinale è per lo più situata sopra il legamento inguinale (Figura 1). Dopo aver localizzato il decorso dell’arteria femorale e previa anestesia loco-regionale, si effettua la puntura del vaso impiegando un ago Seldinger. Successivamente, si inserisce una piccola guida metallica per facilitare il posizionamento dell’introduttore. Le guide metalliche utilizzate presentano un’anima interna mobile che permette variazioni della flessibilità della punta. La tecnica di Judkins comporta l’utilizzo di tre cateteri: quello preformato per la coronaria sinistra e destra ed un terzo per la ventricolografia. Prima di essere utilizzato, ogni catetere viene “lavato” con soluzione fisiologica ed eparina (500 ml di NaCl 0.9% e 1 cc di eparina sodica).
I cateteri necessari per l’angiografia coronarica sono quelli con forma Judkins, cateteri con forma Amplaz, il catetere pigtail per la ventricolografia sinistra, il catetere per la mammaria interna e quello per incannulare i bypss coronarici destri e sinistri. Il catetere più appropriato per l’imbocco delle coronarie dovrà essere scelto valutando l’ampiezza dell’aorta ascendente. Gli attuali cateteri per diagnostica variano in diametro da 4 a 8 French (1 French: 0.33 mm). Il calibro utilizzato comunemente per la coronarografia (indipendentemente dal sito di accesso) è il 6 French. Il vantaggio di un catetere diagnostico da 6 Fr rispetto ad uno da 4 o 5 Fr è che il mantenimento della forma originale e il controllo torsionale sono ottimali. La forma ottimale per qualunque tipo di vaso è data dalle dimensioni dell’aorta ascendente del paziente, la sede dell’imbocco coronarico o del graft e dall’accesso vascolare utilizzato. La scelta di una determinata forma di catetere per visualizzare qualsiasi arteria o graft varia molto in base all’esperienza dell’operatore, ai cateteri a disposizione e alla sede di accesso utilizzata. L’imbocco della coronaria sinistra è, in genere, facile. Il semplice avanzamento del catetere senza altre manipolazioni, risulterà nell’impegno selettivo della coronaria sinistra. Vi sono in genere due metodi per impegnare l’ostio coronarico destro. Con il primo l’operatore spinge la punta del catetere fino al seno di Valsalva destro, con una rotazione in senso orario lo retrae lentamente fino a che, ruotando il catetere imbocca l’ostio coronarico destro. Con il secondo metodo, l’operatore spinge il catetere dall’aorta discendente fino all’aorta ascendente, al di sopra dell’orifizio coronarico destro. Ruotando in senso orario si farà scivolare il catetere più in basso fino ad imboccare l’ostio coronarico destro.
Anatomia coronarica normale e radiologica
Il sistema arterioso coronarico può essere suddiviso nei grossi vasi, o arterie coronariche epicardiche, e nei piccoli vasi, microcircolo. Il microcircolo è costituito da arteriole, del diametro inferiore a 200μm, responsabili della regolazione della pressione e del flusso coronarico attraverso la loro capacità di vasodilatarsi e vasocostringersi in risposta ad una varietà di stimoli. Entrambi gli osti della coronaria destra e della sinistra originano dai rispettivi seni aortici. L’arteria coronaria destra origina dal seno coronarico destro (o antero-mediale) e generalmente viene descritta e caratterizzata nella proiezione obliqua anteriore sinistra. Per pochi millimetri decorre anteriormente, dietro l’arteria polmonare, fra questa e l’aorta, sotto l’auricola destra, diretta verso lo sterno; poi piega verso in basso per entrare e decorrere nel solco atrio-ventricolare anteriore destro fino al livello del margine acuto del cuore. Qui l’arteria coronaria destra piega posteriormente e decorre nel solco atrio-ventricolare destro posteriore verso la crux cordis, per dare origine in caso di dominanza destra ai suoi due rami terminali, cioè la discendente posteriore ed il ramo postero-laterale.
Il ramo discendente posteriore con le sue branche perforanti è il più importante ramo dell’arteria coronaria destra e decorre nel solco omonimo percorrendo circa i due terzi, senza raggiungere l’apice del cuore che, di solito, è irrorato dal ramo ricorrente posteriore dell’arteria discendente anteriore. Il ramo postero-laterale origina subito dopo il ramo discendente posteriore a livello della crux cordis, decorre nel solco atrio-ventricolare posteriore sinistro fornendo irrorazione, con le sue branche, alle porzioni diaframmatica ed infero-posteriore del ventricolo sinistro. L’arteria coronaria destra, lungo il suo decorso, fornisce rami minori, tra cui: il ramo del cono (il primo vaso che origina dalla coronaria destra, si dirige anteriormente e caudalmente), il ramo del nodo del seno, i rami interventricolari destri (Figura 2).
L’arteria coronaria sinistra ha origine dall’omonimo seno di Valsalva, ad un livello più alto rispetto alla coronaria destra e viene generalmente descritta e caratterizzata nella proiezione obliqua anteriore destra. Il tronco comune dell’arteria coronaria sinistra ha una lunghezza compresa tra 6 e 15 mm (fino a 20 mm). In due terzi dei casi, il tronco comune si biforca nell’arteria interventricolare anteriore (IVA) e nell’arteria circonflessa. In un terzo dei casi si triforca nell’arteria circonflessa, nel ramo intermedio e nell’IVA. L’arteria discendente anteriore è la più costante, per origine e distribuzione, tra tutti i vasi coronarici, decorrendo nel solco interventricolare anteriore fino a raggiungere ed a volte oltrepassare l’apice cardiaco. Lungo il suo decorso fornisce rami per il setto interventricolare anteriore e la parete antero-laterale del ventricolo sinistro (Figura 3).
L’arteria circonflessa origina ad angolo acuto dal tronco comune e ne è la diretta continuazione nel solco atrio-ventricolare posteriore, decorrendo nel grasso pericardico al di sotto dell’auricola sinistra. Nel suo percorso da origine a non meno di tre rami marginali ottusi che riforniscono la parete laterale del ventricolo sinistro. Nel suo percorso dà inoltre origine diversi rami fra cui l’arteria del nodo del seno ed il ramo circonflesso atriale (Figura 4). Dominanza: il concetto di dominanza è riferito al rapporto di irrorazione della parete inferiore del ventricolo sinistro o dell’origine della discendente posteriore che può dipendere dall’arteria coronaria destra oppure dall’arteria circonflessa. Nella maggior parte dei casi è dominante la coronaria destra (figura 5). Le complicanze correlate all’esame coronarografico comprendono: dermatiti attiniche, aritmie, infarto miocardico, complicanze vascolari, complicanze emodinamiche, morte, reazioni al mezzo di contrasto e complicanze neurologiche.
Nel dettaglio le complicanze più frequenti:
Allergia al mezzo di contrasto: Esistono due categorie di pazienti che necessitano di profilassi: pazienti con precedenti reazioni anafilattoidi al mezzo di contrasto e pazienti con diatesi allergica. Se l’esame angiografico è programmato, i farmaci consigliati per il trattamento preventivo sono i corticosteroidi glicoattivi con emivita biologica media ad esempio: Prednisone (Deltacortene forte cp 25 mg) al dosaggio di 25 mg per os per 4-5 giorni prima della procedura, associati ad eteri aminoalchilici, antagonisti dei recettori H1 ad esempio Clorfenamina (Trimeton cp 4 mg) al dosaggio di 4 mg × 3/die per os 4-5 gg prima della procedura e prometazina (Farganesse fl 50 mg) 50 mg I.M. 12 ore prima della procedura. In caso di esami angiografici urgenti, invece, si deve ricorrere alla sommistrazione ev di corticosteroidi glicoattivi con emivita biologica breve ad esempio Idrocortisone (Flebocortid fl 100 mg) 100 mg ev immediatamente prima e 4 ore dopo la procedura, associati ad eteri aminoalchilici subito prima della procedura ad esempio Trimeton fiale 10 mg 1 fiala ev subito prima della procedura. Le reazioni anafilattoidi in atto presentano un trattamento diverso a seconda della gravità del quadro clinico. Esse si differenziano dalle reazioni anafilattiche vere e proprie solo per quanto riguarda il meccanismo fisiopatologico: quest’ultima, infatti, è una risposta IgE mediata, che richiede una precedente sensibilizzazione ad un dato agente. La reazione anafilattoide, invece, è una reazione non immunomediata verosimilmente istamino-dipendente, che abbraccia un ampio spettro di reazioni cliniche.
Insufficienza renale acuta da mezzo di contrasto: Il danno renale è secondario all’effetto emodinamico ischemico- ipossico mediato dalla disfunzione endoteliale secondario alla vasocostrizione e all’effetto citotossico diretto sulla polarità delle cellule tubulari renali. La complicanza è clinicamente diagnosticabile quando la concentrazione di creatinina sierica aumenta di 0,5 mg/dl come valore assoluto o del 25% rispetto al valore basale. Nei pazienti ad alto rischio di questa complicanza, pazienti con insufficienza renale cronica (valori in cronico di creatininemia > 2 mg/dl), mieloma multiplo, diabete mellito, scompenso cardiocircolatorio congestizio (III o IV classe NYHA), deplezione di volume intravascolare, età avanzata, è ragionevole somministrare soluzione salina al dosaggio di 1 ml/kg/h nelle 12 ore precedenti e seguenti l’esame coronarografico (in assenza di controindicazioni, es. scompenso grave). Nei casi più gravi una o più sedute di dialisi possono ripristinare i valori della creatinemia in pazienti con IRA post-cateterismo
Complicanze neurologiche: comprendono debolezza degli arti, asimmetria facciale, disartria, perdita visiva, diplopia. Possono comparire meno frequentemente tra la seconda e dodicesima ora dopo la procedura 21. Il danno neurologico è prevalentemente causato dall’embolizzazione di materiale ateromatoso proveniente dall’aorta ascendente, anche se la formazione dei trombi sul catetere e sulle guide e l’embolizzazione gassosa sono altre possibilità. In generale il 60% dei pazienti presenta regressione della sintomatologia dopo 24 ore.
Ematoma retroperitoneale: L’incidenza si aggira intorno allo 0-3% 22. I segni sono rappresentati dalla perdita di sangue senza origine apparente, presenza di ipotensione non spiegabile, presenza di sanguinamento ed edema a livello sopra-inguinale, da dolorabilità al fianco, da crisi vagali ripetute. La maggior parte dei sanguinamenti cessa con l’interruzione della terapia antiaggregante, in casi rari necessita l’intervento chirurgico. La diagnosi di ematoma retroperitoneale si effettua con ecografia o TAC.
Pseudoaneurisma: Si verifica in circa il 6% dei pazienti sottoposti a procedura coronarografica 22. La presenza di obesità, diabete, sesso femminile, età > 70 anni, sono fattori di rischio associati. La necessità di un intervento attivo dipende dalle dimensioni, dall’incremento e dalla necessità di continuare il trattamento antiaggregante. La compressione eco-guidata è la prima strategia terapeutica. Gli pseudoaneurismi di grandi dimensioni (> 3 cm) raramente andranno incontro a chiusura spontanea e necessitano di chiusura chirurgica o di stent-graft. La diagnosi di pseudoaneurisma si effettua con eco- Doppler.
Fistola artero-venosa: Presenta un’incidenza dello 0.4%. Può essere causata da un sito di accesso relativamente basso, per cui si ha la penetrazione dell’ago sia all’interno dell’arteria femorale profonda o superficiale che del ramo venoso, creando così il collegamento fistoloso. Molte fistole sono di piccole dimensioni senza alcun significato emodinamico. Normalmente rimangono stabili e non necessitano di intervento chirurgico. Alcune vanno incontro a chiusura spontanea 22. Anche in questo caso, la compressione eco-guidata è la prima strategia terapeutica. La diagnosi di fistola A-V si effettua con eco-Doppler.
Ischemia/trombosi: Presenta una frequenza dello 0-1%. I fattori di rischio sono rappresentati dall’utilizzo di un introduttore molto grande, da una dissezione creata dall’operatore o da una trombosi nel sito di accesso 22. I sintomi sono correlati al flusso inadeguato di sangue all’arto: dolore, pallore, cianosi, riduzione di temperatura e di polso al di sotto dell’ostruzione. Può essere tentata angioplastica e stent oppure correzione chirurgica più precocemente possibile.
Condizioni cliniche particolari
Diabete mellito: I pazienti affetti da diabete mellito devono essere sottoposti ad esame angiografico preferibilmente nelle prime ore del mattino. I pazienti in trattamento con insulina lenta od intermedia, devono ricevere una dose ridotta rispetto a quella abituale del mattino. I pazienti in trattamento regolare con insulina rapida od antidiabetici orali devono sospendere l’assunzione mattutina e devono ricevere insulina (0,5 UI/h nei pazienti con diabete mellito di tipo II e 1 UI/h nei pazienti con diabete mellito di tipo I) mediante infusione continua in 500 ml di soluzione glucosata ad una velocità di infusione media di 120 ml/h (alla soluzione glucosata possono essere aggiunti anche 20 mEq di NaCl). Ovviamente, nei pazienti con diabete scompensato, è necessario che venga ripristinato un adeguato controllo metabolico prima di procedere all’esame angiografico. I pazienti che assumono metformina (Glucophage, Metbay, Metforal, Metilguanide), anche in associazione con altri ipoglicemizzanti o altri farmaci (Bi-Euglucon M, Glibomet, Gliconorm, Suguan M, Glucomide, Glucosulfa, Pleiamide) devono, secondo le linee guida, sospendere il farmaco per almeno 48 h prima della procedura 22 e ricevere adeguata idratazione con monitoraggio della diuresi dopo la procedura e sostituire con altro ipoglicemizzante orale. La metformina viene assorbita approssimativamente per il 90% e viene escreta immodificata nelle urine entro 24 ore; in caso di insufficienza renale, può accumularsi e provocare acidosi lattica aerobica. Nei pazienti che assumono metformina e vanno incontro ad insufficienza renale acuta dopo somministrazione di mezzo di contrasto, può svilupparsi un quadro di acidosi lattica aerobica caratterizzato da sintomi e segni subdoli, quali dolore addominale, obnubilamento del sensorio, ipotensione e tachipnea.
Pazienti in terapia con anticoagulanti: I pazienti in terapia con warfarin (Coumadin, Sintrom), per la presenza di fibrillazione atriale cronica, per la presenza di protesi valvolari, di trombi intraventricolari o di importante insufficienza ventricolare sinistra, dovrebbero generalmente sospendere il farmaco almeno tre giorni prima del cateterismo cardiaco e sostituire l’anticoagulante orale con eparina s.c. fino al giorno della procedura (escluso). Un valore di INR accettabile varia nei vari laboratori. Vi è accordo comune, comunque, che il cateterismo può essere effettuato senza un rischio aggiuntivo di sanguinamento se l’INR <1.8. L’uso di Vitamina K antagonizza (es. Konakion 10 mg 1 fiala im o lentamente ev 24 h prima della procedura), non immediatamente, gli effetti del warfarin.
Eparina e cateterismo cardiaco: I pazienti che effettuano infusione di eparina possono eseguire il cateterismo cardiaco senza difficoltà, nonostante sia necessario un periodo più lungo per l’emostasi. In alcuni casi può risultare utile l’utilizzo di solfato di protamina per antagonizzare gli effetti dell’eparina dopo lo studio. La chiusura diretta dell’arteria mediante devices percutanei (tipo angio-seal), potrebbe in alcuni casi ridurre il sanguinamento in sede di puntura. L’attività eparinica viene valutata mediante ACT.
Controindicazioni relative alla coronarografia
Le controindicazioni all’esecuzione dell’esame coronarografico sono riassunte nella seguente tabella, anche se la ridotta invasività e l’accresciuta sicurezza hanno determinato, tuttavia, un allargamento delle indicazioni, rendendo possibile lo studio di pazienti gravemente compromessi con un rischio di complicanze accettabile.