È una procedura che permette di correggere un anomalia cardiaca, foro di forma ovale, derivata dalla persistenza di una comunicazione presente durante la vita fetale al livello della parete che divide l’atri sinistro dall’atrio destro del cuore (setto interatriale). Statisticamente, questa anomalia interessa all’incirca il 25-30% della popolazione adulta sana. Durante la vita prenatale le due cavità atriali sono in collegamento, ma per la maggior parte degli individui la comunicazione si interrompe al momento della nascita. In alcuni casi permane un difetto che determina l’aumento del flusso di sangue che circola nelle cavità destre con una conseguente dilatazione.
In alcuni casi questo difetto è causa di embolia paradossa con conseguenti ictus e /o TIA e, per evitare nuovi episodi o prevenirli del tutto può essere indicata la chiusura del PFO. La procedura viene eseguita in sala di emodinamica con equipe composta da emodinamista, ecocardiografista ed anestesista. Il paziente viene sedato profondamente e attraverso la vena femorale viene introdotto un catetere fino in vena cava inferiore, atrio destro, ventricolo destro e arteria polmonare per misurare pressioni e saturazioni.
Dopo aver misurato l’ampiezza del PFO attraverso l’ecocardiogramma transesofageo e/o intracardiaco (Figura 1) viene introdotto e fatto avanzare in un lungo introduttore il dispositivo di dimensioni adeguate fino attraverso il PFO. L’operatore spinge il dispositivo oltre il forame e verifica quindi l’esatto posizionamento, la stabilità e l’assenza di shunt residuo con l’ecocardiogramma e/o il contrasto (Figura 2). Il dispositivo viene poi rilasciato. Il catetere, l’introduttore e la sonda ecocardiografica vengono rimossi e la procedura è terminata. Dopo 3-6 mesi il dispositivo viene completamente ricoperto dalle cellule endoteliali (cellule che rivestono internamente le pareti del setto interatriale e dei vasi), divenendo parte integrante del setto interatriale.
Rischi e benefici della chiusura percutanea
L’efficacia della procedura percutanea per la chiusura del PFO è paragonabile a quella dell’intervento chirurgico ma con minori complicazioni e minore ospedalizzazione. I rischi sono complicanze legate alla procedura (2% totali), prevalentemente dovute al rischio anestesiologico e a quello di embolizzazione del dispositivo. La mortalità è molto inferiore all’0,5%. Raramente si possono verificare ictus, dislocamento del dispositivo, chiusura incompleta, infezione, complicanze nella sede dell’accesso venoso, fenomeni di erosione della parete aortica per device molto grandi. Inoltre, è possibile l’insorgenza di aritmie, sia durante la procedura che a distanza dalla stessa. In rari casi il dispositivo si può dislocare dalla sua posizione, ciò rende necessario il suo recupero dal cuore mediante speciali strumenti o con intervento chirurgico tradizionale.
Dispositivi per la chiusura del PFO
Esistono vari dispositivi impiantabili, il più comunemente usato è l’Amplatzer (Figura 3) costituito da due dischi di nitinolo con all’interno membrane di poliestere e una porzione centrale chiamata “waist” di collegamento. Una volta rilasciato, il recupero di questo dispositivo non è più possibile se non chirurgicamente. In figura 4 si può vedere la chiusura del PFO con dispositivo Amplatzer in una raffigurazione schematica semplificata e nella figura 5 si può vedere una coronarografia che mostra il dispositivo Amplatzer rilasciato in sede interatriale a chiudere il PFO.
Nei seguenti Video si può vedere:
Video Amplatzer 1: manovra eseguita prima di rilasciare il device
Video Amplatzer 2: immagine del device dopo il rilascio
Un altro dispositivo è l’ HELEX: un dispositivo permanente costituito da un telaio metallico circolare ricoperto da una sottile membrana in politetrafluoroetilene espanso (ePTFE). Il telaio metallico è costituito da una lega in nickel-titanio, detta nitinolo, usata comunemente anche per gli impianti cardiovascolari. Rispetto all’Amplatzer presenta meno metallo. Nei seguenti videoclip si possono vedere: posizionamento del device HELEX (Video HELEX 1) ed il rilascio del device. Si visualizza anche la sonda dell’eco intracardiaco (Video HELEX 2)
Il BioSTAR è un sistema di ultima generazione la cui peculiarità, non presente in altri dispositivi, è proprio la bioassorbibilità ossia la capacità di essere “assorbito” dai tessuti del setto interatriale. Questo dispositivo è composto da collagene suino acellulare purificato (96%), impregnato di eparina e da acciaio MP35n di grado medicale (4%). Il collagene viene riassorbito dal corpo (in 8-10 mesi circa), sostituito da un tessuto del tutto simile a quello nativo. Pertanto, viene mantenuta la possibilità di effettuare, in caso di necessità, la puntura transettale. La scelta dei dispositivi viene eseguita dall’operatore in base alle caratteristiche anatomiche del PFO e dalle preferenze individuali.
Avvertenze prima e dopo l’intervento di chiusura del PFO
Tenuto conto della possibilità di infezioni batteriche, viene somministrato al paziente una dose di antibiotico prima e nei tre giorni successivi alla procedura. Inoltre, l’antibiotico è raccomandato sempre per 6 mesi successivi in caso di procedure chirurgiche od odontoiatriche. La maggior parte dei pazienti viene dimessa il giorno successivo alla procedura. La maggior parte delle persone è in grado di riprendere le proprie normali (moderate) attività entro uno o due giorni.
Il medico potrà raccomandare di evitare gli sforzi fisici intensi nelle prime due settimane, in modo da consentire all’impianto di aderire saldamente al cuore. L’assunzione di aspirina deve essere continuata per almeno 6 mesi oltre a clopidogrel (Plavix) per almeno 3 mesi. Il device non controindica l’esecuzione di risonanza magnetica cardiaca e il passaggio attraverso il metal detector. Per un anno il paziente dovrà ripresentarsi alcune volte in ospedale per le visite di controllo.